Notice
  • Direttiva EU e-Privacy

    Questo portale utilizza i cookie per offrirti le migliori risorse tecnologiche disponibili. Continuando a visitarci senza modificare le tue impostazioni accetti implicitamente di ricevere tutti i cookies. Diversamente, puoi modificare le tue preferenze agendo direttamente sulle impostazioni del software di navigazione impiegato.

    Documentazione Direttiva e-Privacy

PostHeaderIcon L'Editoriale di maggio 2019

Se confucio ci mostra la strada
Gabriele Villa, I2VGW



C'è una parola anglosassone che, sommessamente, sta entrando sempre più nel nostro vocabolario: heritage. Il vocabolo in sé può venir tradotto in più d'un modo, per esempio tradizione, eredità, etc. In ogni caso, comunque la si voglia interpretare, la parola in oggetto si porta inequivocabilmente appresso una scia di buoni sentimenti. Evoca il perpetuarsi, nel tempo, di un patrimonio di valori morali da un lato, e di opere dell'ingegno e della tecnica dall'altro lato. Evoca l'importanza di conservare e preservare questo patrimonio dai segni dell'usura e dell'oblio affinché possa continuare a rappresentare un punto di partenza. Raccogliendo in questo modo l'invito di Confucio: "Studia il passato per prevedere il futuro".



Facevo queste riflessioni mentre, seduto nella platea di giornalisti, ascoltavo recentemente le parole del presidente di FCA, John Elkann, all'interno del glorioso ex officina 81 di Torino-Mirafiori, uno dei capisaldi della Fiat degli Anni Sessanta, restituito a nuova vita con un restauro che ne ha conservato tutto l'imprinting dell'epoca, per accogliere il nuovo Heritage Hub di Fca. Una storia declinata in otto aree espositive che accolgono perle di una stessa e grande collana di successi che hanno contribuito a scrivere la crescita e lo sviluppo non solo di un'azienda torinese e italiana ma anche di designer visionari e illuminati che hanno lasciato il segno nella storia dell'automobile. Riflessioni che mi riportavano alla nostra capacità, spesso messa a dura prova, di difendere e di saper preservare quel patrimonio di idee, di progetti, di realizzazioni, di invenzioni che, da Marconi in avanti, ha caratterizzato e seminato di pietre miliari la crescita del radiantismo.

Avete una vaga idea di quante soluzioni sperimentate da radioamatori si siano poi tradotte in applicazioni e realizzazioni che hanno cambiato e stanno cambiando le abitudini dell'umanità in ogni angolo del mondo? Persino lo smartphone con cui probabilmente state giocherellando mentre leggete queste righe è una diretta derivazione generata dal Dna della Radio. Il punto dunque è questo. Siamo capaci di conservare e di difendere quella che è la nostra eredità morale e materiale? E se sì in che modo e quanto efficacemente ci stiamo sforzando di farlo? Me lo domando ogni volta che nel mio shack abbandono per qualche minuto i display dei miei due apparati più avveniristici multifunzioni, multibanda e multitutto per posare lo sguardo su una linea Drake d'antan e sulla mia prima radio da SWL, lo storico Geloso G4 216.

Accendere quelle radio e soffermarmi a guardarle, far girare il VFO e cercare l'accordo rappresenta, almeno per me, unire i punti fermi del mio personalissimo heritage di radioamatore e ripassare sulle orme di chi, con puntiglio, fantasia e capacità a quegli oggetti, ora diventati di cult, ha dato forma e sostanza. Immaginate quanto sarebbe bello se ognuno di noi avesse voglia e soprattutto spazio per realizzare all'interno del proprio shack almeno un angolo di heritage per avere sempre sotto gli occhi non il ricordo di un passato ingombrante da dimenticare ma, al contrario, la molla per partire da quel passato verso un futuro di idee sempre più innovative e, perché no? anche azzardate. Ci servirebbe. Ci servirebbe per fare entrare nello shack,  a mio avviso, una ventata di freschezza che arriva dal passato.

Pare una contraddizione ma, al contrario, la freschezza di questi capolavori heritage può, potrebbe stimolare la nostra inventiva, la nostra fantasia. Spingerci, in altre parole, a metter mano a saldatore, stagno e circuiti stampati per tornare alle radici del nostro hobby che sono la sperimentazione, i tentativi di concretizzare le nostre idee, anche in piccole soluzioni nostre sì, ma magari e possibilmente da divulgare, da condividere con altri perché altri possano dire la loro, dare il loro contributo e migliorarle e implementarle a loro volta. E la condivisione, la divulgazione proprio e spesso è stata fatta e si fa ancor oggi per fortuna su queste stesse pagine di RadioRivista,  il vostro magazine. Una condivisione che se una volta vedeva disegnare a mano schemi e illustrazioni dagli autori che ci hanno onorato negli anni con i loro contributi, trova nell'heritage la sua ragion d'essere ancor oggi e la troverà nel suo domani. Freschezza, dunque, perché il genius loci alberga, anche se non lo sappiamo, proprio nel nostro shack. Dentro quelle radio o quegli utensili di laboratorio che raccontano una storia affascinante. La nostra storia.