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#SiamorimastiacasaconlaRadio Scrivo queste righe mentre sono ancora sigillato in casa, come gran parte di tutti noi, dal lockdown impostoci per la pandemia. Non ho idea se, quando leggerete questo editoriale, saremo tutti o quasi, finalmente, anche se moderatamente liberi. Certo, non ci vuole la sfera di cristallo, per immaginare che sarà una libertà molto condizionata. Nei movimenti, nelle manifestazioni di giubilo e di entusiasmo, nello sport, nelle attività ludiche, nella vita sociale e sentimentale. Nulla, purtroppo, questa è la mia convinzione, sarà più come prima. Non so francamente se bello o magari persino brutto come prima ma, sicuramente, non più come prima. Ne siamo tutti consapevoli. Facevo e ho fatto più volte queste riflessioni nella stanza del mio shack mentre, di sera, di notte, volutamente immerso nel buio, guardavo le lucette accese dei miei tanti apparati, lasciando il volume al minimo, su frequenze differenti per tentare di creare una sorta di città della fantasia, brulicante di voci. Di vita. Una bellissima illusione della quale mi sono nutrito costantemente per non finire nel precipizio della noia, dello sconforto. Le radio mi hanno aiutato, dunque. Come sono convinto che abbiano aiutato tutto il nostro scombiccherato popolo che ha fatto di antenne, valvole, e naturalmente di resistenze (mai come in questo caso nomen omen), la propria passione. E se è vero che ho indugiato in qualche QSO, è anche vero che, per evitare di prendere, con il mio corrispondente, la deriva dei soliti drammatici e tristanzuoli discorsi di rigorosa attualità, ho preferito ascoltare. Ascoltare e ascoltare ancora. |
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