Notice
  • Direttiva EU e-Privacy

    Questo portale utilizza i cookie per offrirti le migliori risorse tecnologiche disponibili. Continuando a visitarci senza modificare le tue impostazioni accetti implicitamente di ricevere tutti i cookies. Diversamente, puoi modificare le tue preferenze agendo direttamente sulle impostazioni del software di navigazione impiegato.

    Documentazione Direttiva e-Privacy

PostHeaderIcon L'Editoriale di novembre 2023

Gli interrogativi sul Terzo Settore
Michele Carlone, IZ2FME

L'Assemblea Generale Straordinaria dell'Associazione si avvicina. Il Consiglio Direttivo è da tempo al lavoro, come sappiamo, per aggiornare lo Statuto ed il Regolamento Nazionale dell'ARI e per renderlo al passo coi tempi; allo stesso modo, si daranno precise indicazioni alle Sezioni in ordine alle modalità ed alle procedure per aderire (per chi intenderà farlo) alla disciplina del c.d. "Terzo Settore". E' allora con piacere che pubblichiamo il quesito pervenuto alla Segreteria Generale da parte di un Presidente di Sezione, che ha consentito al "nostro Avvocato" Michele IZ2FME, di fare finalmente "il punto" a proposito dei profili di responsabilità civili e penali in capo (stato attuale) agli Organi Direttivi tanto nazionali, quanto di Sezione. Vi ringraziamo per le molte lettere di apprezzamento che ci fate pervenire di continuo alla Segreteria ed alla Redazione di RadioRivista e direttamente anche a IZ2FME. Buona lettura e buoni DX!


Domanda: "Caro IZ2FME, sono …, Presidente della Sezione ARI di … Il quesito che Ti vorrei sottoporre è il seguente. La nostra Sezione si occupa della manutenzione di vari ponti ripetitori collocati su tralicci di proprietà di terzi, alcuni dei quali assunti in locazione dalla Sezione, previa apposita determina da parte del Consiglio Direttivo (il contratto di locazione è stato firmato dal mio predecessore: paghiamo un canone di affitto trimestrale). Che cosa succede se, durante le operazioni di manutenzione da parte di nostri Soci - che si occupano di questa attività sporadicamente, spontaneamente e gratuitamente - dovessero verificarsi danni a terzi (cade dall'alto uno strumento di lavoro e sfonda il parabrezza di un'auto posteggiata sotto il traliccio, ad esempio)? E cosa succede se la Sezione dovesse cessare di pagare il canone di affitto? Non mi è mai stato chiaro il quadro delle "responsabilità" e Ti saremmo grati se potessi fare chiarezza una volta per tutte. Ti aspettiamo alla festa di Sezione che si terrà …, saremmo davvero lieti di averTi nostro graditissimo ospite!
73 caro Michele IZ2FME e grazie per i Tuoi interessanti articoli, de …".


Risposta:
"Caro Presidente, grazie a Te per il quesito. Il tema - in effetti - è abbastanza complesso e non di facile ed immediata soluzione, anzitutto perché nello Statuto Nazionale dell'ARI le Sezioni sono menzionate ma non "istituzionalizzate", sta a dire che non è prevista, almeno formalmente, una struttura associativa di tipo federativo o confederativo (come, ad esempio, accade per la Croce Rossa Italiana o per l'ACI). Ciononostante, come ritiene la Prefettura di Milano (ved. il recente suo provvedimento, pubblicato per esteso su uno degli ultimi numeri di RadioRivista), la Sezione si potrebbe configurare come un'Associazione (non riconosciuta), nell'ambito della più ampia Associazione Nazionale (riconosciuta), essendo essa dotata di Organi elettivi propri, di un potere regolamentare, di un bilancio annuale di esercizio, e dovendo in ogni caso rispondere ai superiori Organi ARI Nazionali, tramite l'esercizio delle funzioni da parte degli importanti (nell'organigramma generale associativo) Comitati Regionali. Insomma, la Sezione non rappresenta soltanto una mera articolazione territoriale periferica degli Organi Associativi Nazionali, ma una vera e propria (micro) Associazione non riconosciuta priva però di personalità giuridica (ovviamente ciascun socio di Sezione dev'esser anche socio ARI Nazionale). Per potere utilmente ed efficacemente rispondere al quesito occorre allora fare una breve premessa proprio a proposito delle Associazioni non riconosciute e del loro inquadramento all'interno del nostro ordinamento giuridico. Va precisato, prima di tutto, che le Associazioni sono organizzazioni collettive aventi come scopo il perseguimento di una finalità non economica. Il Codice Civile distingue le organizzazioni in due grandi categorie. La prima, comprende gli enti dotati di personalità giuridica (si parla allora di "associazioni riconosciute", come è l'ARI Nazionale, ex Ente Morale), la seconda, invece, raggruppa le associazioni che ne sono prive (in questo caso si avranno delle "associazioni non riconosciute", come, appunto, sono le singole Sezioni, pur inquadrate all'interno dell'organigramma generale dell'ARI): tralascio di addentrarmi nella disciplina del c.d. "Terzo Settore", alla quale dedicherò magari un apposito approfondimento in futuro. Vi sono - inoltre - sempre nell'ambito dell'enunciazione contenuta nel Codice Civile, le c.d. "fondazioni" ed i Comitati che ora non ci interessano.
Prendendo in esame più da vicino le Sezioni ARI, id est mere associazioni non riconosciute, va detto che per la loro costituzione non è necessario alcuno specifico atto formale: non vi sono - in altri termini - particolari vincoli di forma, a differenza di ciò che accade per le Associazioni riconosciute, ove l'atto costitutivo dev'esser per forza di cose redatto per atto pubblico (cioè da un notaio): tanto è vero che, il più delle volte, sono gli stessi Soci "fondatori" delle singole Sezioni a dotarsi di uno Statuto e/o un Regolamento di Sezione, che viene sottoposto all'approvazione da parte del superiore Comitato Regionale il quale ha il compito, fra gli altri, di accertare la sua conformità allo Statuto ed al Regolamento dell'Associazione "madre" - ARI. L'associazione non riconosciuta non dispone della personalità giuridica, ma è - in ogni caso - pur sempre un soggetto di diritto: può - ad esempio - esser titolare della proprietà di un immobile, stipulare un contratto di locazione o di comodato, disporre di un conto corrente e così via dicendo (molte Sezioni, peraltro, sono state riconosciute anche sotto il profilo fiscale dall'Amministrazione Finanziaria, con l'attribuzione del Codice Fiscale).
L'ARI Nazionale è invece dotata, in quanto Associazione riconosciuta, di una vera e propria "personalità giuridica": questo concetto nel nostro ordinamento è collegato alla c.d. "autonomia patrimoniale". Essa gode della c.d. "autonomia patrimoniale perfetta", vale a dire che tutte le vicende dell'Associazione incidono di norma soltanto sul patrimonio dell'Ente e non su quello delle persone fisiche che lo compongono, in modo… simile a ciò che si verifica per le società commerciali di capitali. Si pensi ad esempio ad una Società per Azioni: se la società contrae un debito con un terzo, il creditore (della società) non può aggredire il patrimonio del singolo Socio o dei suoi Amministratori, ma può… "attaccare" soltanto il patrimonio della Società. Analogamente, se - sempre per fare un esempio - un'Associazione riconosciuta che abbia assunto in locazione un immobile, si rende inadempiente al pagamento del canone mensile, il proprietario del bene può rivalersi solo sul patrimonio associativo e non su quello dei singoli associati, in questo senso esistendo una sorta di "sbarramento" fra i patrimoni dei Soci e quello dell'Ente. Viceversa, le associazioni prive di personalità giuridica (le Sezioni, nel nostro caso), godono di un'autonomia patrimoniale c.d. "imperfetta", per cui le vicende dell'organizzazione sono suscettibili di produrre effetti anche (ma a certe ben determinate condizioni, ved. infra) sul patrimonio delle persone fisiche che ne fanno parte e dunque sui singoli associati e membri della Sezione, oltre che sui loro rappresentanti ed amministratori. Ad esempio, in una società semplice, il creditore sociale può rivolgersi anche al socio, che risponde con il suo patrimonio personale, salvo il beneficio di preventiva escussione (art. 2268 c.c.): ciò significa che il creditore deve prima cercare di soddisfare il proprio credito sul patrimonio dell'Ente e, in … "seconda battuta", su quello (personale) del singolo socio.
L'ordinamento prevede però, per le associazioni non riconosciute, delle regole ben precise (ma con alcune specificità), pur ispirate al medesimo principio: esse hanno di norma un patrimonio detto "fondo comune" (art. 37 c.c.) e non tutti gli associati rispondono solidalmente e personalmente delle obbligazioni sociali, ma solo quelli che hanno agito in nome e per conto dell'Ente, come stabilisce in modo chiaro l'art. 38 c.c. Così, l'iscritto alla Sezione ARI di …, non risponde - di norma - dei debiti contratti dalla Sezione ad esempio per l'acquisto di apparecchiature radio o per il pagamento dei canoni di locazione).
Il creditore della Sezione (nell'esempio fatto, il venditore delle radio o il proprietario locatore dell'immobile) può rivalersi sul fondo comune della Sezione stessa, oppure a sua discrezione, personalmente, verso il soggetto che ha contratto l'obbligazione (il Presidente? Il Segretario? O più semplicemente il socio 'x' che anche su incarico del CD di Sezione ha sottoscritto il contratto di acquisto delle radio, ovvero il contratto di locazione). Questa norma è stata pensata per fornire ai terzi creditori dell'associazione non riconosciuta una qualche aggiuntiva forma di tutela dei loro crediti, sul presupposto che - nella prassi - spesso avviene che le associazioni non riconosciute non siano "capienti", vale a dire non dispongano di fondi comuni (id est di patrimoni) solvibili: ecco perché si parla di personalità giuridica… "imperfetta". Questo concetto è una diretta espressione del principio della personale e solidale responsabilità delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione non riconosciuta in uno con il fondo comune dell'associazione medesima. Quindi, i rappresentanti legali dell'associazione rispondono solidalmente ed illimitatamente con i rispettivi patrimoni delle obbligazioni sociali, afferma la norma (art. 38 c.c.), se "hanno agito in nome e per conto dell'associazione"; tale responsabilità ha carattere accessorio rispetto all'obbligazione principale, né più, né meno di ciò che accade nella fideiussione (ma non vado oltre perché se no… potrei diventare "pesante").
La Suprema Corte di Cassazione, infatti, ha affermato il principio secondo il quale "… nell'associazione non riconosciuta la responsabilità personale grava esclusivamente sui soggetti, che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, attesa l'esigenza di tutela dei terzi che, nell'instaurazione del rapporto negoziale, abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio dei detti soggetti, non potendo il semplice avvicendamento nelle cariche sociali comportare alcun fenomeno di successione del debito in capo al soggetto subentrante, con l'esclusione di quello che aveva in origine contratto l'obbligazione. Ne consegue che l'obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile tra le garanzie ex lege assimilabile alla fideiussione, con conseguente applicazione dei principi contenuti negli artt. 1944 e 1957 c.c. …" (Cassazione Civile, Sez. III, 29 dicembre 2011, n. 29733; idem: Cassazione Civile, Sez. I, 17 giugno 2015, n. 12508 e Cassazione Civile, Sez. III, 12 gennaio 2005, n. 455): se quindi - sempre per tornare all'esempio fatto - la radio era stata acquistata dal socio Tizio su incarico del Presidente di Sezione Caio, nel frattempo sostituito dal nuovo Presidente Sempronio, il venditore può pretendere il pagamento del corrispettivo o nei confronti del fondo comune di Sezione, o nei confronti di Tizio, o nei confronti di Caio, ma non nei confronti di Sempronio. Quindi per rispondere al Tuo quesito … il nuovo Presidente di Sezione, cioè Tu, dovrebbe/dovresti stare tranquillo nel caso di morosità della Sezione nel pagamento del canone di locazione del traliccio sul quale avete i Vostri ponti ripetitori: il locatore se la prenderà probabilmente in prima battuta con la Sezione e, quindi, con le persone, soci o ex soci, che a suo tempo ebbero a contrarre l'obbligazione.
Viceversa, sempre restando nel campo delle associazioni non riconosciute, i creditori del singolo associato non possono aggredire il fondo comune dell'associazione (esempio: il socio Tizio acquista a titolo personale una radio: il venditore non può aggredire il patrimonio - fondo comune di Sezione nel caso di inadempimento di Tizio). Ciò per quanto riguarda la responsabilità patrimoniale diremmo… "contrattuale" o negoziale.
Il quesito che mi hai sottoposto, però, è più ampio, e riguarda anche un caso diverso: occorre infatti capire se esistano o meno delle responsabilità per la Sezione, e/o per il suo Presidente, e/o per i singoli membri di Sezione nel caso in cui vengano commessi dei "fatti illeciti". Si definisce fatto illecito, ai sensi dell'art. 2043 c.c., qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto. L'obbligo di risarcire un danno deriva sia da un inadempimento contrattuale (nell'esempio fatto sopra, il mancato pagamento del canone di locazione), ma anche - appunto - da un fatto illecito (detto anche "aquiliano" o - appunto - "extra-contrattuale"): si pensi proprio al caso da Te enunciato nel quesito, in cui un socio della Sezione 'x', mentre sta effettuando lavori di manutenzione su un traliccio ove è installato un ponte ripetitore, lascia cadere per errore un cacciavite che sfonda il vetro di un'autovettura parcheggiata lì sotto. Naturalmente, anche questo fatto materiale (che non presuppone l'esistenza di un'obbligazione contrattuale), è fonte di obblighi risarcitori, e - ex art. 2043 c.c. - "…obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno …".
La Suprema Corte ha affermato il principio secondo il quale "… l'associazione non riconosciuta è responsabile del fatto illecito commesso da persona del cui operato debba rispondere, ai sensi dell'art. 38 c.c., senza che al terzo danneggiato possano essere opposti eventuali accordi statutari che limitino tale responsabilità. Ne consegue che, se il danno è stato causato da persona appartenente ad una struttura associativa complessa, costituita da un'entità nazionale articolata in varie diramazioni locali, ai fini della responsabilità aquiliana la legittimazione passiva rispetto alla domanda di risarcimento è unica e spetta all'entità nazionale…" (Cassazione Civile, Sez. III, 13 luglio 2011, n. 15394). Secondo questo orientamento giurisprudenziale, per tornare all'esempio da Te proposto del … "cacciavite volante", il proprietario dell'autoveicolo danneggiato non potrà rivolgere la richiesta di risarcimento da "fatto illecito" agli Organi Direttivi Nazionali dell'Associazione (poiché si tratta di Associazione riconosciuta, e dunque dotata di autonomia patrimoniale perfetta), bensì unicamente nei confronti del responsabile dell'accaduto (nell'esempio: lo sfortunato OM … "sbadato", che si trovava sul traliccio). Invece, secondo un'altra (più "datata") giurisprudenza (Tribunale di Milano, 16 marzo 2006), risponderebbe solidalmente e con il proprio patrimonio (oltre il fondo comune di Sezione e l'autore materiale del fatto), anche il Presidente della Sezione (associazione non riconosciuta): "…così stando le cose, non essendo chiamati a rispondere i singoli associati e mancando la garanzia di un patrimonio di per sé sufficiente al raggiungimento degli scopi istituzionali, la responsabilità personale di coloro che rappresentano l'associazione è in funzione di quell'idonea garanzia per i suoi creditori, che non può certo essere esclusa nell'ipotesi, ancora più pregnante e rilevante, anche sotto l'aspetto sociale, di obbligazioni non negoziali o da fatto illecito dell'associazione.
Ad escluderla non può infatti valere un'interpretazione riduttiva del termine "obbligazioni" di cui all'art. 38 c.p.c. limitato solo a quelle di tipo negoziali, così come non è possibile porsi dietro al fatto che il legislatore e anche la giurisprudenza per le obbligazioni negoziali, hanno dato rilievo all'agire in veste di rappresentante come al modo in cui si contrae normalmente un'obbligazione, senza considerare l'ipotesi di un'obbligazione di tipo risarcitorio che ben può sorgere, indipendentemente dall'agire in nome e per conto dell'associazione, come conseguenza di un fatto illecito. È chiaro allora, che di una grave omissione colposa, così come per le obbligazioni non negoziali, non può che risponderne personalmente e solidamente colui che, chiamato ad amministrare l'associazione, in tale veste la rappresenta, fornendo quella necessaria garanzia "ex lege", "assimilabile alla fideiussione" secondo Cass. 85/1665, a favore dei terzi danneggiati": idem Cassazione Civile, Sez. III, 26 luglio 2001, n. 10213.
Quindi il consiglio è sempre e comunque, a scanso di equivoci… stipulare assicurazioni per la Responsabilità Civile con idonei massimali nelle quali specificare molto bene tutti i casi di copertura (assistenza rally, manutenzioni apparecchiature in sede e fuori sede, sia della Sezione, sia di terzi, etc. …). Anche perché (sempre secondo questo filone giurisprudenziale), "… la responsabilità per obbligazioni non negoziali imputabili all'associazione non riconosciuta si estende a coloro che abbiano agito per l'associazione, dando disposizioni ad un preposto il quale, nell'esecuzione abbia posto in essere atti illeciti…" (Cassazione Civile, n. 3579/1971); come dire, sempre per tornare all'esempio della manutenzione del ponte ripetitore installato sul traliccio: se quei lavori manutentivi sono stati deliberati dal Consiglio Direttivo di Sezione, allora del fatto illecito risponde anche personalmente e solidalmente il Presidente di Sezione, con il suo patrimonio. Infine, per completezza, v'è da chiedersi se siano o meno applicabili, nel caso di fatto illecito, le norme giuslavoristiche sulla sicurezza. In altri termini: il rapporto intercorrente fra gli Organi Direttivi di Sezione ed i membri/volontari dell'associazione locale, si può in qualche modo configurare come "di lavoro", seppur sui generis? Si ritiene generalmente che la risposta debba essere negativa, almeno nei limiti in cui si tratti di attività spontanee ed occasionali, compiute per puro spirito associativo e prive di qualsiasi corrispettivo, diretto, e/o indiretto, come mi pare nell'esempio che Tu hai prospettato nel quesito. Nel nostro ordinamento - infatti - vige una presunzione di onerosità della prestazione lavorativa, spesso accreditata come vero e proprio principio, che trova le sue stabili fondamenta sia nella Legge (ad es. artt. 2094 e 2222 c.c.), che in molte pronunce giurisprudenziali (ad es.: Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 marzo 2018, n. 7703). Ma, a ben vedere, al di là di questo principio … "sacrosanto", l'ordinamento ammette anche la possibilità di rendere prestazioni di … "lavoro" a titolo gratuito, sebbene in circostanze specifiche, ovvero in via d'eccezione, quali ad esempio il "lavoro" "affectionis vel benevolentiae causa".
Si tratta di prestazioni rese nell'ambito di una "collaborazione dettata da sentimenti affettivi, rivolta all'attuazione del principio morale esercitata non per averne in contraccambio una corrispettiva retribuzione materiale, bastando il conseguimento dei benefici spirituali, ovvero in adempimento spontaneo di obblighi di natura associativa (Cassazione Civile, Sez. Lav., 7 novembre 2003, n. 16774). Ad esempio, l'apporto di lavoro a questo titolo può essere individuato nelle prestazioni rese dai familiari. Le prestazioni "lavorative" caratterizzate da una causa riconducibile alla mera benevolenza si ritrovano di frequente - e non a caso - nell'ambito del volontariato, che si connota proprio per lo spirito dei cittadini "[…] che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona […]" (art. 1, c. 1, D.lgs. n. 117/2017).
Anche nell'ambito sportivo è stato ritenuto ammissibile un rapporto reso "affectionis vel benevolentiae causa"; sulla questione, così si è espressa una parte della Dottrina: "… i motivi che spingono un soggetto a prestare la propria attività lavorativa senza ricevere in cambio alcun compenso, possono essere molteplici, comunque riconducibili al brocardo "affectionis vel benevolentiae causa", vale a dire la realizzazione di una determinata causa di natura non economica ossia a carattere sociale, culturale, assistenziale o  sportiva ritenuta comunque meritevole secondo l'ordinamento giuridico" (Così G. Martinelli, Il rapporto di lavoro sportivo: aspetti giuridici, 2009, documentazione Coni Marche; anche Cassazione Civile, 20 febbraio 1990, n. 1236). Se si parte da questi presupposti, allora si potrebbe facilmente inquadrare in questa fattispecie anche il rapporto (di mera collaborazione spontanea) fra CD di Sezione, Presidente, Consiglieri e Soci; esso, infatti, si estrinseca nelle varie e "ordinarie" iniziative associative "sul campo" (organizzazione di assistenza ai rally, manutenzione ponti ripetitori, esercitazioni di protezione civile, etc. …); naturalmente deve trattarsi di attività del tutto gratuite, spontanee ed occasionali, proprio come quella che Tu hai rappresentato nel quesito sottoposto. Queste attività "sfuggono" alle norme proprie del Diritto di lavoro che impongono ben altri limiti e condizionamenti anche e soprattutto in termini di responsabilità.
Quanto, infine, alle eventuali responsabilità penali… è noto il disposto del primo comma dell'art. 27 Cost.: la responsabilità penale è personale e quindi si riferisce, tanto per le fattispecie colpose, quanto per quelle dolose, unicamente alla persona che le ha commesse. Spero di averTi risposto e di aver fornito un quadro generale il più possibile completo "ad uso" anche degli altri Tuoi Colleghi Presidenti.
Ti ringrazio per l'invito e Ti assicuro sin d'ora che, salvo imprevisti, sarò presente ben volentieri all'evento organizzato dalla Vostra Sezione.
73 cordiali.

* Consulente legale dell'ARI