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PostHeaderIcon Pannelli fotovoltaici e QRM

Dopo la pubblicazione della rubrica "L'Avvocato Risponde", a cura del nostro Michele IZ2FME, abbiamo ricevuto molte richieste da parte dei soci, che ringraziamo per l'interesse dimostrato: segno inequivocabile del fatto che l'argomento "diritto di antenna" è un tema sensibile e sempre attuale. Riportiamo di seguito la richiesta di un OM che vuole restare anonimo (e che quindi chiameremo "Marco", nome di fantasia), il quale ha sottoposto a Michele un interessante quesito.


Domanda: "Caro IZ2FME, mi chiamo Marco ed abito in una cittadina di provincia del centro Italia: sono radioamatore iscritto all'ARI da oltre trent'anni; complimenti innanzitutto a Te ed al nuovo CD per la bella iniziativa de "L'Avvocato Risponde" (spero che essa possa diventare un appuntamento fisso su RR). Vengo subito ad esporTi il mio problema: da circa un anno il mio vicino (io abito in una villetta unifamigliare con un grande giardino pertinenziale) ha installato sul tetto di casa sua (che dista circa una quarantina di metri dal mio tetto ove sono installate le antenne HF/VHF/UHF) dei pannelli fotovoltaici dotandoli di batterie di accumulo (circa 12 kW); siamo amici da lungo tempo e quindi ho potuto visionare l'impianto che è stato realizzato da un istallatore autorizzato e con apparecchiature (inverter compresi) di una nota casa produttrice tedesca: tutti i singoli elementi (anche i pannelli) sono marchiati "CE" e dotati di certificato di conformità. Avrai già intuito il problema che m'assilla: da quando l'impianto è in funzione ho un QRM di 8 - 9 praticamente su tutte le bande. Sono stati eseguiti più interventi da parte di tecnici abilitati, ma le interferenze persistono: cosa posso fare? Ti ringrazio tanto per la risposta ed attendo di leggerTi su RR, 73!

Marco".

Risposta: "Caro Marco, ho ben presente il problema che Tu mi sottoponi che ci viene sempre più spesso segnalato anche da altri Colleghi. Riceviamo infatti molte segnalazioni che riguardano diversi impianti fotovoltaici con o senza accumulo, i quali emettono la c.d. "Radio Frequency Interference" - RFI, a volte anche a largo, se non a larghissimo spettro. Il tema è senz'altro tanto attuale, quanto complesso, anzitutto a livello tecnico: è noto, infatti, che alcune case costruttrici realizzano apparecchiature che, pur essendo marchiate "CE", di fatto non rispettano gli standard di Legge ed i requisiti tecnici fondamentali perché questi impianti possano essere venduti e posti in esercizio all'interno dell'Unione Europea. In altri casi, invece, gli impianti sono effettivamente conformi, ma vengono installati male (ad esempio utilizzando cavi non schermati). Come "aggravante" si può dire che questi disturbi pare interessino solo (o quasi) noi radioamatori, posto che quasi più nessuno oramai utilizza radioricevitori ad onde lunghe e medie (per non parlare delle onde corte, sic!): i disagi sono relegati ad una cerchia ristretta (si fa per dire) di persone ed il problema viene dunque sottovalutato, per non dire dimenticato. Un impianto fotovoltaico tradizionale utilizza di norma un unico "ondulatore", con la funzione di trasformare la tensione continua; allo scopo di migliorare il rendimento di questi impianti, inoltre, molte case costruttrici attrezzano ogni singolo pannello con moduli elettronici in grado di ottimizzare la produzione di energia elettrica (specie per quelle coperture che non ricevono durante tutto il giorno luce solare "piena" o diretta). Questi moduli, denominati "ottimizzatori", sono spesso la causa dei disturbi dello spettro elettromagnetico (ma si deve considerare anche il ruolo – deleterio - di … improbabili inverter di fabbricazione asiatica…). Bisogna quindi, prima di tutto, considerare che a sigla "CE" apposta su questi impianti (compresi gli ottimizzatori) è un requisito (o, meglio, un pre-requisito), come si dice, "necessario, ma non sufficiente": essa, infatti, conferma che sono stati effettuati dei test e che i requisiti tecnici previsti per legge vengono – in astratto - rispettati. Tuttavia, il rispetto delle prescrizioni di legge contenute nelle norme armonizzate comporta solo una presunzione astratta di conformità e dunque la marchiatura "CE" non è una garanzia assoluta - di per se - che possa essere opposta come tale alle Tue legittime e sacrosante doglianze. E' noto a tutti, infatti, che i test di conformità eseguiti in laboratorio sui pannelli e sui singoli elementi elettrici ed elettronici che compongono l'impianto, non rivelano sempre i problemi che possono sorgere in una situazione reale, come nel Tuo caso concreto. Ad esempio, il test di un ondulatore per un impianto fotovoltaico non viene realizzato su una superficie di 100 mq. di pannelli fotovoltaici; inoltre, le norme sui presupposti tecnici di conformità sono pensate per l'esame di un singolo apparecchio, mentre - di solito - gli impianti per la produzione di energia solare vengono dotati di vari ottimizzatori che possono generare un disturbo potenzialmente ben più elevato, se posti in esercizio tutti insieme come è nella logica delle cose. Cosa fare allora? Prima di tutto, occorre mettersi nella condizione, attraverso la redazione di una perizia da parte di un tecnico (previa opportuna misurazione del campo elettromagnetico "impegnato" durante le Tue trasmissioni nelle varie bande utilizzando le potenze di cui disponi) di poter dimostrare che la Tua stazione non soffra problemi di funzionamento e che essa sia costituita da apparecchiature testate ed esenti da anomalie. In secondo luogo, occorre scrivere al vicino una lettera raccomandata, garbata ma ferma, con la quale si contesti in modo preciso il quadro dei disturbi, richiedendo un sopralluogo congiunto, alla presenza possibilmente di un tecnico nominato di comune accordo fra di voi, all'esito del quale - facendo delle prove in concomitanza con l'uso dei Tuoi apparati - si possa almeno dedurre a livello "empirico" che i pregiudizi lamentati provengano effettivamente da quello specifico impianto fotovoltaico. Ciò fatto, occorre – sempre per iscritto – assegnare un termine al vicino affinché, a sue cura e spese, ponga fine ai disturbi entro un ben determinato termine, riservandosi di agire in giudizio anche per ottenere la sua condanna al risarcimento degli eventuali danni subiti. Se - invece - il vicino si rifiuta di collaborare (limitandosi come purtroppo spesso avviene, a comunicare "che l'impianto è a norma"), ovvero, a seguito della constatazione in contraddittorio del problema, non lo risolve, allora si dovrebbe prendere in seria considerazione (previa valutazione del rapporto "costi / benefici", naturalmente…) di agire in giudizio. Qui la questione si fa un po' più complessa, per due ordini di ragioni: 1) nel nostro Paese la Giustizia (specie quella civile) non è diremmo … proprio … "velocissima" ed "a buon mercato"; 2) non è facile trovare fra i tecnici iscritti all'albo dei CTU (Consulenti Tecnici di Ufficio) presso le Cancellerie dei Tribunali, degli esperti titolati ed effettivamente in grado di compiere queste verifiche, che presuppongono anche il possesso e l'utilizzo di particolari attrezzature non certo comuni. Il primo step, se si vuole andar per gradi, potrebbe allora esser quello di segnalare la problematica al MISE (id est: "Ministero delle Imprese e del made in Italy", sic), presso l'Ispettorato Territoriale competente, il quale è l'organo amministrativo abilitato ad eseguire i controlli in materia di "interferenze"; il Ministero può decidere discrezionalmente se attivare un procedimento di controllo e verifica sull'impianto fotovoltaico del vicino. Si potrebbe anche richiedere una verifica tecnica da parte dell'ARPA, la quale è competente in materia di controlli del rispetto dei limiti dei campi elettromagnetici, ai sensi del DPCM 08.07.2003: attenzione però, perché tali organismi sono istituiti su base Regionale e non tutte le articolazioni locali dell'ARPA dunque, nelle rispettive leggi istitutive, prevedono specifiche competenze di verifica nell'ambito di questioni attinenti alla Direttiva Europea sulla Compatibilità Elettromagnetica 89/336 (l'ARPA Lombardia, ad esempio, non se ne occupa, a differenza dell'ARPA Piemonte); altra accortezza da seguire, prima di inoltrare un esposto, è quella di verificarne i costi, poiché alcune Amministrazioni, nel caso in cui gli esiti della verifica siano negativi, li pongono a carico del richiedente. Il secondo step potrebbe essere quello di proporre avanti il Tribunale competente, un'azione di ATP - Accertamento Tecnico Preventivo: non si tratta di una causa vera e propria, ma di un procedimento formale che inizia e finisce con la nomina di un perito d'ufficio da parte dell'Autorità Giudiziaria, che avrà il compito di accertare se le doglianze da Te lamentate siano o meno fondate e, in caso positivo, di determinarne le cause, così come le eventuali soluzioni ed i correlativi costi. La Consulenza "fa stato" fa le parti e questo significa che se il Tuo vicino non si conformerà ad essa, Tu potrai radicare – questa volta – una vera e propria causa con la quale chiedere al Giudice che egli sia condannato ad adottare quegli accorgimenti indicati in sede di CTU, che a quel punto Ti potrai limitare semplicemente a depositare in giudizio; in quella sede potresti anche proporre una domanda risarcitoria. Attenzione però, perché il nostro codice civile, se all'art. 2043 c.c., stabilisce il principio secondo il quale "chi cagiona un danno, paga", all'art. 2697 c.c. prevede altresì che chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, il che significa che occorrerà provare in causa - ed in modo rigoroso - eventualmente anche attraverso testimoni, sia i disturbi alla ricezione dei Tuoi segnali, sia la causa di questi disturbi, sia l'esistenza di un danno economico e soprattutto la sua esatta quantificazione. Insomma: per essere risarciti da un Giudice, non basta dimostrare che quello specifico impianto fotovoltaico disturba le nostre attività radioamatoriali (il che, in assenza di un ATP e di una perizia di parte è già cosa molto difficile in punto di prova), ma anche i danni effettivamente subiti (danno emergente? Lucro cessante? Non essendo l'attività radioamatoriale una attività commerciale, questa prova rischia davvero di diventare… diabolica!), come ha ripetutamente affermato la giurisprudenza in materia di danni da responsabilità extracontrattuale (ved. ad esempio, Corte appello Salerno, Sez. I, 18 maggio2022, n. 587). Sarebbe utile che il Ministero, in sede di revisione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche (D. Lgs. n. 259/2003), prenda in esame anche questo tema, dettando opportune norme a tutela dell'attività radioamatoriale che come ben sappiamo è sì un hobby, ma è anche l'unico vero ed affidabile sistema alternativo alle comunicazioni tradizionali, in caso di emergenza (sistema, il nostro, diffuso a rete in ogni parte del territorio nazionale e posto in intercomunicazione con tutte le Prefetture d'Italia).

Cari 73 e buoni DX!

Michele, IZ2FME