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PostHeaderIcon DX e Spedizioni

PostHeaderIcon Più forte di Murphy

Più forte di Murphy

Cezar Trifu, VE3LYC ha un rapporto problematico con la Legge di Murphy. Nel senso che spesso gli va storto qualcosa: di solito piccoli ma ripetuti contrattempi di varia natura, ma a volte anche seri incidenti di percorso, a un soffio dalla tragedia. Robe da rimetterci le piume, insomma1. E dire che non è certo un improvvisatore che parte alla ventura. Al contrario, le sue spedizioni DX sono organizzate con cura e attenzione quasi maniacale per i dettagli. Eppure, quando Murphy ci mette la coda c’è poco da fare: in inglese si dice «when life gives you lemons, make lemonade»; a noi, più prosaicamente, si offre l’alternativa fra mangiare la minestra o saltare dalla finestra, sperando in ogni caso di portare a casa la pelle. Cosa che a Cezar è riuscita ancora una volta, ma per il rotto della cuffia: «when I’m not lying down in bed, my energy levels are 20% of my normal ones at best, perhaps much less», scriveva al termine della spedizione (https://v6iota.weebly.com/), a malapena reggendosi in piedi. Per quanto Cezar non ne faccia menzione nel resoconto che segue, fra i vari problemi che hanno afflitto questa doppia operazione IOTA si è anche avuta la repentina dipartita del laptop, donde la necessità di registrare su carta (e, in seguito, digitare nel PC di casa) l’85% dei QSO di V62S e il 100% dei QSO di V62P. Ma, tutto considerato, questo è stato il male minore.


Articolo tratto da
RadioRivista 5/24 pagg. 29-33

 

PostHeaderIcon In missione per conto di Dio, certo. Ma attrezzati di radio

In missione per conto di Dio, certo. Ma attrezzati di radio

Parliamo di un paio di amici missionari e del loro rapporto con le radio ricetrasmittenti. Tra l’altro, mentre stavo rivedendo i miei racconti ho ricevuto - dopo molte insistenze - la storia incredibile di padre Gabriele, D2EB in Angola.


Articolo tratto da
RadioRivista 3/24 pagg. 25-30

 

PostHeaderIcon La DXped a Bouvet, "un fallimento di successo"

La DXped a Bouvet, "un fallimento di successo"

La missione dell'Apollo 13 (aprile 1970) fu un clamoroso fallimento, perché non raggiunse la Luna poco ci mancò che l'equipaggio ci rimettesse le piume. Ma fu anche un memorabile successo, perché fra mille intoppi e pericoli di ogni sorta i tre astronauti riuscirono a rientrare sulla Terra sani e salvi. Per definire quell'epica vicenda che tenne il mondo con il fiato sospeso, la Nasa usò l'espressione «a successful failure». Lo stesso si può dire di 3Y0J, la controversa DXpedition a Bouvet che lo scorso febbraio ha suscitato acerrime discussioni e polemiche al calor bianco...


Articolo tratto da
RadioRivista 5/23 pagg. 27-29

 

PostHeaderIcon FT8WW e l'arte di fare buon viso a cattivo gioco

FT8WW e l'arte di fare buon viso a cattivo gioco

La copertina del 425 Magazine di gennaio riporta la scritta godspeed in calce alla fotografia del team 3Y0J in partenza per Bouvet. Il termine è un augurio di buon viaggio e buona fortuna, usato in ambito prevalentemente marinaresco, e sottintende il concetto "che Dio vi aiuti e ve la mandi buona". Ora, senza stare a scomodare l'Altissimo, è chiaro che qualcuno non gliel'ha mandata buona. Sono stati solo sfortunati, o hanno anche loro peccato di hybris, patendone le conseguenze? Svoltasi in formato ridotto fra mille difficoltà, tribolazioni, pericoli e - diciamolo pure - atti di eroismo, nel momento in cui scriviamo (14 febbraio) la spedizione ha chiuso i battenti da poche ore. In attesa di un resoconto ben circostanziato su quanto accaduto, è meglio sospendere ogni giudizio e limitarci a sperare che tutti i reduci di questa folle avventura portino a casa pelle, ossa e log, possibilmente intatte le prime e integri i secondi...


Articolo tratto da
RadioRivista 4/23 pagg. 17-20

 

PostHeaderIcon J28MD: La rivincita dei "modi umani" parte da Gibuti/2

J28MD: La rivincita dei "modi umani" parte da Gibuti/2

Comincia l'avventura

Dopo due voli molto tranquilli intervallati da lungo stop-over ad Addis Abeba per il caffè, il venerdì 28 in tarda mattinata arriviamo all'aeroporto internazionale di Djibouti.

Espletate con una certa rapidità le formalità legate al visto (precedentemente ottenuto come e-visa), arriviamo al momento tanto temuto: il passaggio dei nostri bagagli nello scanner della dogana. Agli ufficiali in servizio ai controlli casca il mondo addosso: essendo giorno di festa (il venerdì è l'equivalente della domenica nei Paesi musulmani), i doganieri già pregustavano di liberarsi rapidamente di quest'ultimo volo, chiudere lo scalo e andarsene a casa. Quando cominciano a vedere sfilare nei monitor sotto i loro occhi il contenuto delle valigie tecniche, cominciano concitate consultazioni nel dialetto locale, comprensibile ai nostri orecchi come l'arabo, ma ad un piacevole tono di diversi decibel più alto rispetto alla normale conversazione. Noi intanto ci guardiamo attorno, inutilmente speranzosi di vedere il nostro agente doganale e, nel contempo, cerchiamo di far evacuare dallo scalo quanti più bagagli possibile, prima dell'ormai inevitabile succedersi degli eventi.


Articolo tratto da
RadioRivista 3/23 pagg. 18-
25

 
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